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30 giugno 2014 1 30 /06 /giugno /2014 07:00

Sfinge di Champagne

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Se dovessi riassumere il post presente, lo farei nella seguente maniera: è molto probabile che Julien Champagne abbia conosciuto Assan Farid Dina (1871-1928), esploratore, astronomo e alchimista, famoso dopo la prima guerra mondiale e attualmente quasi caduto nell'obblio.

Lo ha conosciuto secondo me prima della guerra, alla libreria Chacornac, dove ha potuto incontrare anche Fulcanelli, così come altri appassionati di esoterismo.

Questo post è dunque una specie di seguito ai miei precedenti "sunti" legati ai Chacornac: Champagne nel paese Charconac; Champagne nel 1912; e Da Henri Charconac a Champagne.

Poiché Dina fu anche un marito di Mary Wallace Shillito (1876-1938), almeno indirettamente legato a Gaston Sauvage e direttamente a Alexandre Rouhier, si potrà utilmente riferirsi ai miei articoletti dedicati al Grand Lunaire, gruppo frequentato da Julien Champagne (Champagne e Jules BoucherChampagne al Grande Lunario; Champagne: sur les traces de Gaston Sauvage).

sfinge2In fondo le cose sono semplici: Mary e Assan si sono conosciuti allal libreria Chacornac, e mi sembra evidente che vi erano state delle relazioni di Paul Chacornac, che potrebbe averli presentati l'uno all'altra, secondo le usanze del tempo.

Si sono sposati nel 1913. Ricordo che il famoso catalogo bibliografico Chacornac con il frontespizio di Champagne è del 1912. Tornerò presto su Wallace Shillito, facciamo dapprima un piccolo omaggio a Dina.

Nipote di un maharagià di Lahore, figlio di un ingegnere, nato all'isola Muaritius, a quei tempi come l'India, colonia britannica, iniziò la sua vita girando il mondo, dall'Africa alla Cina. È facendo ritorno dalla Cina che andrà a risiedere a Parigi dove si sposerà.

In una delle rare opere che gli sono dedicate: Assan F. Dina ou le sphinx des Avenières, Pascal Haüsermann (Yva Peyret, Suisse, 1994) si mostra molto vago sulla formazione professionale del suo eroe, qualificandola come "solida".

 Solida, doveva esserla perché sin dal 1916 Dina pubblica la sua prima opera, La Science philosophique, forse con lo pseudonimo di AMA, poi nel 1917, con il nome di ADINA, L'astre-Dieu, che Haüsermann non cita.

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È probable che sia stato in questo momento e per un certo periodo una conoscenza di René Schwaller. Infatti, sembra che abbia collaborato con lui per uno dei suoi libricini esoterici intitolato Nécessité [Necessità].

Erik Sablé nel suo libro su Schwaller (Dervy, 2003) scrive che questo testo fu firmato Ahor Mahmut Alliah (AMA). Aor diventerà più tardi il nome mistico di Schwaller.

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Dina redige parallelamente, sin dal 1917, un terzo libro, "La Destinée, La mort et ses hypothèses", che uscirà soltanto nel 1927. Con la sua opera L'astre-Dieu [L'astro-Dio], eloquentemente sottotitolato La chair tangible de l'infini [La carne tangibile dell'infinito], ci si trova di fronte a un pensiero complesso, quello di un "astronomo spiritualista".

 Appassionato di assiriologia, Dina non ha dimenticato se sue origini indù, e manifestamente in lui astronomia e astrologia non sono contraddittorie.

 Due citazioni, soltanto per sincerarsene, dal tono d'altronde abbastanza fulcanelliani o, se lo si preferisce, malgrado l'anacronismo, teilhardiani: "È ora dimostrato che il Sole non è soltanto il nostro nucleo, ma che il suo essere è costituito da tutto il suo Universo con i pianeti, e tutti gli spazi contenuti in esso... Così come lo vediamo, il Sole, anima immensa, ci contiene nei suoi fianchi come una goccia di rugiada nel calice di un fiore. Grazie a lui le vite esistono e sono agenti; con ciò ci sostiene nell'Infinito 'come un filo di perle', dice la Bhagavad Gita".

 E lo spirito dell'alchimia, che egli menziona diverse volte, non è distante in questo estratto: "Non si deve disperare di incontrare un giorno un Pigmalione per animare questa materia. Perché la vita è, come tutte le cose, un mistero della nostra ignoranza, e la sua creazione non è un privilegio riservato a Dio; né un sacrilegio, così come ci si compiace nelo spaventarci con l'immagine del gigante Prometeo. Ciò che ci manca ancora è la formula per compiere l'opera del Creatore".

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Torniamo ora a Mary. Dopo essersela spassata in saffica compagnia, così come sua sorella Violette, prematuramente deceduta, questa ereditiera di una ricca famiglia americana di Cincinnati, discendente forse di Oliver Cromwell, sceglie visibilmente di "sistemarsi" sposando Dina.

Facciamo anche notare che se questa compagnia era saffica, non per questo era affascinante e distinta, poiché nell'ambiente delle due sorelle, troviamo, soprattutto nei primi anni del 1900 la poetessa Renée Vivien, così come l'inevitabile Nathalie Clifford Barney.

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Quando leggiamo Haüsermann, rimaniamo colpiti dalla complessità delle relazioni tra il marito e la moglie. Avendo ereditato a Cruseilles, vicino ad Annecy, nell'Alta Savoia un castello, Les Avenières, Mary vi risiede con Assan, ma lui vive quasi permanentemente nel suo ufficio, dedicandosi ai suoi cari studi, e lei continua a vivere circondata da signore, della regione o di passaggio, beninteso in senso buono.

Tra le amiche di Mary, credo si debba citare Marcelle Sénard, molto nota negli ambienti astrologici per il suo studio Le Zodiaque, del 1948.

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Non esageriamo comunque, la coppia è ben inserita nella regione, il suo livello di vita fa sì che essa irraggi naturalmente, Madame ha le sue attività, il Signore.... Ebbene il signore non fa che osservare con la lente di ingrandimento le sue tavolette assire, si attiva anche all'esterno del suo ufficio, in due modi.

Innanzitutto, progetta di installare nella regione un telescopio gigante da lui finanziato.  Per determinarne la migliore collocazione, solca il cielo con il suo biplano Farman, e poi, poiché è serio, riesce a interessare al suo progetto le autorità nazionali. Dopo tutto, non si tratta né più né meno che di costruire il più grande telescopio del mondo.

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Il generale Gustave Ferrié (1868-1932), pioniere della telegrafia senza fili, che era esperto della regione, è in relazione con Dina. Il progetto conosce una risonanza mondiale (Time Magazine, del 10 dicembre 1923). Infine, la costruzione inizierà, però parzialmente. Infatti, sarà annunciato e spostato, e Dina resta all'origine della installazione dell'osservatorio... dell'Alta Provenza.

E poi, e soprattutto forse, in accorto con Mary - perché questi due hanno trovato un accordo - Assan trasforma Les Avenières.

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Non sono ancora andato in quel castello, oggi riconvertito in hotel ristorante di lusso, ma lo farò sicuramente alla prima occasione, perché se ho ben letto, Dina ne ha fatto una specie di dimora filosofale.

Si potrebbe credere che non ha fatto che trasformare l'interno, ma no, il parco stesso, un po' come a Dampierre sur Boutonne, è stato sistemato per tradurre le preoccupazioni ermetiche degli occupanti di questa casa.

Per Haüsermann, ad esempio, i prati davanti all'antica fattoria, sono stati ingranditi affinché formassero, visti da Cruseilles, una farfalla la cui testa è il castello. Dei gruppi d'alberi sono piantati per formare la macchia delle ali...

Anche il giardino alla francese è stato costruito in modo da permettere delle manifestazioni particolari durante i solstizi.

Ma è evidente che il cuore pulsante delle Avenières è situato tra le sue mura, nell'oratorio o cappella, terminato nel 1917, e che non manca in un certo modo di ricordare quello di palazzo Lallemant di Bourges.

Dina ha firmato quest'opera: A. Dina, e l'ha fatto sotto questa massima che gli alchimisti non disconoscerebbero: "L'Univers est un Oeuf - L'Oeuf est un Univers" (L'Universo è un Uovo - L'Uovo è un Universo).

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Per Haüsermann, questa cappella è un grande libro aperto della conoscenza tradizionale. Aggiungerei che a mio avviso il sincretismo di Dina è evidente.

Rama frequenta Hermes... Riconosco umilmente che le mie competenze limitate in materia di induismo mi conduce naturalmente a interessarmi soprattutto alla visione di Hermes di Dina.

Contrariamente alla rappresentazione unica di Rama, quella di Hermes si prolunga inoltre per mezzo dei ventidue arcani maggiori del Tarocco, rappresentati sui muri della navata.

Naturalmente Dina ha contrasseganto il suo Tarocco con alcune particolarità; ad esempio ha ornato l'orecchio della saggezza della carta dell'Innamorato con un orecchino a forma di rosa-croce...

Vedere anche la lama della Stella, arcano 17, caro ad André Breton: "Dio terminò il settimo giorno tutta l'opera che aveva compiuto". E osservate alcuni dettagli come quell'uccello su un albero inclinato, ha sicuramente molto a dirci, certo nella sua lingua. 

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La fine della storia dei Dina, perché ahimè ogni storia ha una fine, ma questa fine le permette così di trasformarsi in un'altra storia, è come deve essere delle più strane.

Nel 1928, Assan e Mary tornano da Ceylan dove è sepolta la madre di Dina. Festeggiano i loro quindici anni di matrimonio sul piroscafo, a poche ore da Suez... Dina muore in circostanze misteriose, sembra. Sarà sepolto al Cairo.

Tornata sola in Francia, Wallace Shillito si lega con il filosofo René Guénon, incontrato nel 1929 a... proprio così, avete indovinato. Paul Chacornac tratta d'altronde quest'episodio nel suo libro La vie simple de René Guénon.

Ed ecco che Mary e René partono insieme per l'Egitto nel 1930. René Guénon vi rimarrà, vivendoci e convertito a un certo Islam esoterico, il sufismo.

Mary si risposerà nel 1930, con il musicista belga Ernest Britt, che sembra aver seriamente intaccato la sua fortuna. Les Avenières vengono vendute nel 1936, un divorzio interviene nel 1937, muore a Ginevra nel 1938, sembrerebbe in un incidente.

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Secondo Marie-France James, nel suo libro Esoterisme et christianisme autour de René Guénon (NEL, 1981), Mary e René si erano messi d'accordo sin dal 1929 sulla creazione della libreria Véga, che si sarebbe incaricata di tradurre il corpus guenoniano.

Britt, il nuovo marito di Shillito, era ovviamente ostile alle idee di Guénon. È così che la signora Britt dovette cedere la librairie al suo direttore commerciale, il dottor Antoine Rouhier. Il seguito lo conosciamo.

Nella stessa opera, James chiama l'Egitto "la terra della Sfinge". Curioso destino quello di Mary, quello di lasciare in terra d'Egitto sia Assan, sia René.

 Notiamo anche come la nostra lista egiziana si allunga: Schemit, Schwaller... per non rievocare ovviamente la sfinge di Il Mistero delle Cattedrali di Fulcanelli, illustrato da Julien Champagne.

 Dina è chiamato da Haüsermann la sfinge delle Avenières. A parte lui, ve ne sono altri? Ve ne è almeno uno, riprodotto nel suo saggio.

 Assan era uno zoroastriano convinto, e non ignorava che gli adepti di questo culto erano anche dei discepoli del fuoco. Su questa sfinge, ritroviamouna massima vicina a quella che chiude il primo libro di Fulcanelli: potere.

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Maxime proche, donc,  de l'"oser" du Mystère. Devise volontariste qui d'une certaine façon est équilibrée par, trouve son pendant dans le Sperandum Est qu'on peut également admirer dans le

même chateau.

 Signe d'attente, si l'on veut, mais alors d'attente active, et avec un peu de chance, cygne d'espérance. La mort n'est qu'une étape vers une autre vie.

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ARCHER

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

LINK al post originale:

Sphink de Champagne


© JULIEN CHAMPAGNE

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31 maggio 2014 6 31 /05 /maggio /2014 07:00

Champagne e l'uomo del desiderio

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Dal mio post del 17 luglio 2006: Champagne nel 1912, non ho più alcun dubbio sul fatto che Julien Champagne e Paul Sédir abbiano frequentato insieme la libreria Chacornac, e che vi si siano conosciuti. Riproduco di nuovo qui in alto il disegno contrapposto al frontespizio di Il Mistero delle Cattedrali di Fulcanelli, nella bibliografia Chacornac edita due anni dopo la realizzazione di questo "simbolo alchimistico" di Julien Champagne".


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Anch'esso potrebbe essere di Julien in teoria, ma ne dubito. Ecco ad ogni modo il suo titolo, poco leggibile sull amia fotografia: "Il portale destro di Notre-Dame, Simbolo alchemico scolpito nella pietra (Antico luogo di incontro degli Alchimisti dei secoli passati". A proposito di illustrazioni, noterei anche che la "bibliographie alphabétique et critique" del 1912 differisce sensibilmente dagli altri cataloghi Chacornac che conosco. È molto più riccamente illustrata.

Nei primi anni del 900, questi cataloghi sono ornati da alcuni disegni, generalmente firmati OW (Oswald Wirth, a mio avviso). quelli degli 30 ne sono totalmente sprovvisti. Sembra dunque che non abbiamo a che fare con un documento particolare e raro.

Per tornare a questa bibliografia con introduzione di Papus, essa è dotata di una prefazione e fatta oggetto di notizie esplicative di Sédir; come dire che ne è l'autore principale, se non unico. L'ultimo suo ritratto qui presentato è d'altronde del 1912.

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Abbiamo già incontrato Paul Sédir parlando di Lucien Chamuel nel post Champagne e l'arcangelo. Tenendo conto della tonitruante entrata nell'occultismo a diciannove anni, non è da meravigliarsi che Yvon Le Loup (1871-1926) si sia concesso o si sia visto attribuire un nome d'arte richiamante L'uomo di desiderio" di Louis-Claude de Saint-Martin nel suo Coccodrillo.

La sua vita professionale sembra essere stata particolarmente scialba, all'inverso; impiegato alla Banca di Francia a partire dal 1892, vi rimase sino alla fine della sua vita.

L'anno precedente, aveva cominciato a scrivere per "L'Initiation" i suoi primi articoli, firmati con il suo pseudonimo.

Oltre Chamuel e Papus, come abbiamo già detto, fu intimo di Stanislas de Guaïta eil suo successivo in contro con Maître Philippe incitò quello che si chiamava "il teosofo d'Amboise" ad evolvere verso un misticismo che lo condusse a fondare nbel 1920 il suo proprio movimento, le Amitiés Spirituelles [Amicizie Spirituali], sempre attivo secondo le ultime notizie.

Non lasciamo Le Loup senza menzionare la sua devozione per sua moglie Alice, sposata nel 1889 e deceduta nel 1909, che Maître Philippe guarì da un male apparentemente incurable nel 1905, con quell'anima sensibile oh quanto un effetto che ognuno può immaginare, almeno lo spero.

Un pò di umanità nel mondo dei bruti, ciò fa del bene; è vero che ho visto su una delle sue foto, che questa volta non pubblico, che Sédir ha fumato la pipa; è una delle mie massime preferite, sapete, "un uomo che fuma la pipa non può essere totalmente cattivo".

Più pessimista di me, Paul avrebbe scritto: È molto raro che si voglia deliberatamente essere malvagi, ma è molto frequente che non si voglia essere migliori".

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Ma l'opera, mi si dirà? Essa è abbondante e variegata, e condivido personalmentel'idea di coloro che trovano che l'essenziale si trova negli studi di Sédir sul rusicrocianesimo.

Gnostico, membro della Hermetic Brotherhood of Luxor, egli appartenne anche all'ordine cabalistico della Rosa-Croce di Guaïta.

Citerei in primo luogo la sua Histoire des Rose-Croix (Librairie du XXe siècle, 1910), seguita da una Histoire et doctrine des Rose-Croix, (Bibliothèque des Amitiés Spirituelles, 1932), divenuta successivamente Les Rose-Croix (Amitiés Spirituelles, 1953, 1964...).

Queste opere non sono difficili da reperire sia in libreria, sia in rete, in francese così come in altre lingue. Vi si troveranno in particolare preziose indicazionisullo spirito del rusicrucianesimo e quello della alchimia, che ci avvicinano naturalmente a Julien Champagne.

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Tra le altre opere di Yvon Le Loup, citiamo il suo studio su Jacob Boehme (Chamuel, 1897), Boehme di cui tradurrà il De Signatura Rerum (Chacornac, 1908) e di cui scriverà la prefazione a De l'Election de la Grâce (Chacornac, 1928).

Il che ci conduce del tutto naturalmente ad evocare altre prafazioni e traduzioni dei suoi ispiratori, traduzione della Theosophia Practica di Johann Georg Gichtel (Chamuel, 1898), prefazioni a Histoire philosophique du genre humain, di Antoine Fabre d'Olivet (Chacornac, 1910) e beninteso ai Nombres di Saint-Martin (Chacornac, 1913).

Sédir narrerà anche sotto forma di racconto il suo incontro con Maître Philippe, nel libro Initiations che nel 1924 era già alla sua terza edizione presso Amitiés Spirituelles.

Infine, come non tornare un istante sul mistico che fu Le Loup, un mistico che sarei tentato di qualificare cristico, il suo miglior libro da consigliare è Les guérisons du Christ [Le guarigioni di Cristo], disponibile ancora oggi.

Ogni bibliografia è parziale e di parte, ecco un'altra opera di Sédir, a cui mi sono d'altronde ispirato:

 

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Dalla guarigione alla medicina, universale o non, non vi è che un passo, se si vuole essere ottimisti, passo che ora e allegramente farò con voi.

Tra le opere tradotte da Sédir, figura sin dal 1897 il libro di Saturnus (Theodor Krauss), Iatrochimie et Electro-Homéopathie edito da Chacornac.

Desiderate un'opera di Le Loup in persona? Eccovi La Médecine occulte, illustrazione di tutte le terapeutiche, alchemica, magnetica, astrale, religiosa, teurgica, edita da La Maison d'Art nel 1900, poi da Beaudelot, nel 1910.

E poi, perché dobbiamo ora arrivarci, già nel 1896, Sédir aveva scritto la prefazione a L'Hylozoïsme, L'Alchimie, Les Chimistes unitaires (Chamuel), di François Jollivet-Castelot (1868-1937), che sin dal 1897 pubblicherà presso Chamuel Comment on devient alchimiste, che lo stesso anno fonderà con Jean Delassus e Edouard d'Hooghe la Société Alchimique de France...

Coincidenza, infatuazione passeggera di un genio poliedrico, di un perpetuo curioso? Nient'affatto.

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Il martinista Jollivet-Castelot, in cui alcuni, senz'altro a torto, hanno creduto riconoscere Fulcanelli, ha anche fondato molte riviste: L'Hyperchimie (e le edizioni dallo stesso nome), ma anche Rose-Croix...

Nel suo libro Fulcanelli dévoilé, Geneviève Dubois data al 1896 la fondazione di L'Hyperchimie, "revue mensuelle d'alchimie, d'hermétisme et de médecine spagyrique". Aggiunge che questa rivista uscì per una decina di anni.

Il direttore era Jollivet, e il caporedattore... Paul Sédir. Nel suo libro Les religions inconnues (NRF, 1928), E. Gascoin ce lo conferma: "L'alchimista", scriveva Sédir, caporedattore di L'Hyperchimie, è guidato dalle leggi dell'analogia, e cioè, a seconda dell'operazione intrapresa, dal metodo della corrispondenza, da quella dei segni...".

desir07.jpgJollivet-Castelot come Sédir, Phaneg, autore di un trattato di alchimia, Papus... hanno tutti, infine frequentato i corsi della Ecole Hermétique, ex Groupe Indépendant d'Etudes Esotériques, ci ricorda anche la Dubois.

In un articolo su Paul Sédir, "esoterista cristiano", pubblicato nel 1948 sul numero IX della rivista Initiation & Science, Robert Caborgne, segretario dell'association pour la rénovation de l'occultisme traditionnel (AROT), afferma: "È a Parigi che Paul Sédir ebbe il suo laboratorio di alchimia. La si ritrovavano Albert Poisson, Abel Haatan, Marc Haven e il dottor Bourcart, allievo anziano del Polytechnique che, con lo pseudonimo di Jacob, scrisse Esquisse hermétique du grand Tout universel, seguito dallo studio analitico di un atanor alchemico".

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Infine, quando si guarda una fotografia come questo gruppo di amici, possiamo chiederci chi non si è occupato di alchimia. Le Maître Philippe, forse, Non conoscevo Rosabis, il cui "nome di guerra" mi sembrava tuttavia abbastanza esplicito, finché non lessi dalla penna di Marie-Sophie André e Christophe Beaufils (Papus, biographie, Berg, 1995) che si tratta di fatto di un ingegnere chiamato Perre Bardy.

 Marc Haven (Emmanuel Lalande), genero di Philippe, ha prodotto una tesi di medicina su Arnaldo da Villanova e scritto una prefazione, come Pierre Dujols, al Mutus Liber.

C'è stato anche sin dal 1926 un numero speciale Paul Sédir, di Voile d'Isis, rivista per la quale aveva anche scritto. Nel 1971, le Amitiés Spirituelles hanno pubblicato Sédir, l'homme et l'oeuvre. 

 

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[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

LINK al post originale:

Champagne et l'homme de désir

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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30 aprile 2014 3 30 /04 /aprile /2014 07:00

Disegni di Julien Champagnedessins1.jpg

Ecco ora, tratti dall'edizione italiana del libro di Geneviève Dubois, Fulcanelli traduzione di "Fulcanelli dévoilé", due disegni di Julien Champagne.

 Quello di destra è firmato, e reca la data del 31 maggio 1898. Se seguiamo la Dubois, Champagne era allora studente alla Ecole des Beaux Arts di Parigi, sotto la guida di Léon Gérome, scuola da cui uscì nel 1900 (vedere a questo proposito i miei post Champagne e Léon Gérôme e  février 2006: I condiscepoli di Julien Champagne) o secondo Walter Grosse nel 1901.

Abbiamo dunque a che fare con un'altra modella di Julien Champagne, che fu probabilmente una giovane del suo ambiente dell'epoca, sia esso artistico o famigliare, addirittura personale.

Da parte mia trovo questo ritratto di una sconosciuta più che emozionante, è di una sobrietà quesi classica e allo stesso tempo, ci permette di rammentarci di tutta un'epoca, che si diceva bella: il 1898, ma è un anno in cui Renoir ha il suo braccio destro paralizzato dall'artrosi, e continuerà tuttavia a dipingere, in cui Degas riconosciuto come un maestro da Picasso dipinge delle danzatrici e nudi...

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Siamo in pieno caso Dreyfus, e anche in pieno affare Fachoda, Lewis Carroll, Stéphane Mallarmé e Pierre Puvis de Chavannes, Gustave Moreau, Charles Garnier ci lasciano, Herbert George Wells pubblica La guerra dei mondi, Pierre e Marie Curie scoprono il polonio e il radio, Louis Renault costruisce una nuova automobile, Eugène Ducretet effettua una dimostrazione della trasmissione senza fili tra la torre Eiffel e il Pantheon di Parigi...

 Sfortunatamente nella sua opera tuttavia così ricca in informazioni di ogni genere, Dubois non dà nessun altro dettaglio su questi disegni, sulla loro provenienza o della modella di Julien Champagne.

 Rimaniamo dunque a questo proposito con la nostra curiosità inappagata, che vorrebbe saperne di più. Come credo di aver già indicato, Geneviève precisa tuttavia anche, il che non può che accrescere la nostra frustrazione: "Di questo periodo resta un quadro eccellente rappresentante il vescovo di Bordeaux". Ma non dice nulla di più, e non riproduce il quadro citato, che Walter Grosse crede poter essere un ritratto del vescovo gnostico Léonce Eugène Joseph Fabre des Essarts, detto Tau Synésius.

A discolpa della Dubois, l'argomento del suo libro essendo Fulcanelli, e i disegni o il quadro episcopale non avendo per principio nulla a che vedere con quest'alchimista, né con l'alchimia, quest'autrice ha potuto legittimamente considerare che queste opere di Champagne non presentavano che un interesse anedottico.

Questo non è certamente il nostro punto di vista, e aspettando di saperne e dunque di poterne dire di più, concluderei facendo notare che decisamente Julien Champagne, in quanto artista, non fu "solo" l'illustratore delle opere di Fulcanelli.

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[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

LINK al post originale:
Dessins de Julien Champagne

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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31 marzo 2014 1 31 /03 /marzo /2014 07:00

Julien Champagne e il servus fugitivus

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La tavola XII dell'edizione originale di I Misteri delle cattedrali di Fulcanelli, è di nuovo dedicata a due medaglioni del portico centrale della cattedrale di Notre Dame di Parigi.

Nell'edizione Pauvert, i disegni di "Hubert" sono stati sostituiti da due fotografie separate, che portano rispettivamente i numeri XX e XXI.

Le didascalie delle fotografie rimangono le stesse nelle due versioni del libro; il bassorilievo di sinistra è quello della Conoscenza dei Pesi, quello di destra è chiamato La Regina abbatte il Mercurio, Servus Fugitivus.

Notiamo di sfuggita che qui ancora le denominazioni moralizzanti da catechisti in quanto pessimi insegnanti esoterici restano senza dubbio più semplici, ma non fanno sognare.

Per uno spettatore non avvertito, voglio ammettere che il termine "durezza" possa quasi istintivamente applicarsi al medaglione di destra; ma per vedere nella sua appendice di sinistra una rappresentazione della "lussuria", bisogna come dice l'altro alzarsi presto.

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Hervé Delboy lo ha capito, e ne approfitto per segnalare di nuovo il suo sito, eccellente sotto tutti i punti di vista e che costituisce per il ricercatore una miniera inesauribile.

Per quel che riguarda questo primo bassorilievo, il commento di Fulcanelli è il seguente: "Ecco ora l'allegoria del peso della natura: l'alchimista ritira il velo che avvolgeva la bilancia". Ammetterete che questa spiegazione sembra imporsi con più evidenza della precedente. Per cui il detto alchimista non è forzatamente il dolce sognatore come lo si è a volte dipinto. Ahimè, le cose si complicano presto, perché i segreti dei pesi sono tra i meglio custoditi dalla scienza alchemica.Il mercurio filosofico", precisa tuttavia Fulcanelli, "risulta dall'assorbimento di una certa parte di zolfo da parte di una quantità determinata di mercurio; è dunque responsabile di conoscere esattamente le reciproche proporzioni dei componenti".

Ho parlato dei segreti dei pesi, perché ci sono il peso di natura e i pesi dell'arte, nettamente distinti gli uni dagli altri da Fulcanelli nelle sue Le Dimore Filosofali, al capitolo dedicato alla cattedrale di Nantes (Le guardie del corpo di Francesco II).

Per restare al peso di natura, Fulcanelli valuta che esso di riferisce alle proporzioni relative dei componenti di un dato corpo: "Se è questione di valori quantitativi all'interno di una combinazione sintetica e radicale, - come quella dello zolfo e del mercurio principio unito nel mercurio filosofico, - è il peso di natura che è allora considerato... Il peso di natura è sempre ignorato, anche dai più grandi maestri. È questo un mistero che riguarda soltanto Dio e di cui l'intellegibilità rimane inaccessibile all'uomo. L'Opera inizia e si compie con i pesi dell'arte... Ma, tra queste estremità, l'artista non ha affatto da servirsi della bilancia, poiché il peso di natura interviene da solo...".

Detto altrimenti, il peso di natura è essenzialmente variabile, ed è sottoposto, aggiunge Fulcanelli, alle qualità, naturali o acquisite, dell'agente così come del soggetto iniziale. Il velo rappresentato su questo medaglione non potrà dunque essere sollevato che dalla pratica e dall'operatore stesso.

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Eccezionalmente, Fulcanelli sembra stabilire un legame tra i due medaglioni qui presentati, Sfortunatamente, ai segreti dei pesi succedono immediatamente quelli dei mercuri. Ecco la descrizione del nostro autore del secondo bassorilievo:

"Una regina, seduta su un trono, rovescia con un colpo del piede il valetto che, con una coppa in mano, viene ad offrile i suoi servizi". Anche qui, la scena rappresentata appare scrupolosamente evocata.

Ma ecco, l'irritazione della regina è giustificata dal fatto che il suo valletto le presenta una bevanda che non è quella da lei desiderata. Notiamo che il superiore sta per abbattere l'inferiore.

Vi sono diversi mercuri, e il mercurio iniziale, quello dei filosofi, non è senz'altro il mercurio comune.

"Il discepolo," sviluppa Fulcanelli al capitolo "Le grimoire du chateau de Dampierre" nelle sue Le Dimore filosofali, rappresenta il primo mercurio, di qualità fredda e passiva, che alcuni denominano fedele e leale servitore, e altri, per via della sua volatilità, servus fugitivus, lo schiavo fuggitivo".

Il maestro, o la regina, è lo zolfo attivo del metallo dissolto, afferma. E il valletto o mercurio della dissoluzione, mi chiederete?
 

Ritorniamo al Mistero: "Il servus fugitivus di cui abbiamo bisogno è un'acqua minerale e metallica, solida, fragile, che ha l'aspetto di una pietra e di facile liquefazione. È quell'acqua coagulata sotto forma di massa pietrosa che è l'Alkaest e il Solvente universale".

Ammiriamo per terminare la vetrata corrispondentre a questo motivo del servus fugitivus:


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ARCHER

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

Julien Champagne et le servus fugitivus

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 07:00

Coobazione di Julien Champagne

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La tavola XI dell'edizione originale di Il Mistero delle Cattedrali di Fulcanelli, illustrato da Julien Champagne, comporta due motivi in medagione, presenti entrambi sul portico centrale di Notre-Dame de Paris.

Quello di sinistra si intitola La Coobazione, e quello di destra Origine e Risultato della Pietra. Nell'edizione Pauvert della stessa opera, le fotografie corrispondenti, indubbiamente dovute a Pierre Jahan, portano rispettivamente i numeri XVIII e XIX.

Cosa ci dice a proposito Fulcanelli nel suo libro?

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"Vicino al contrafforte che separa il portico centrale dal portale nord, il primo motivo ci presenta un cavaliere disarcionato aggrappato alla criniera di un cavallo focoso.

Quest'allegoria è tratta dalle parti fisse, centrali e pure, dalle volatili o eteree nella Dissoluzione filosofica. È propriamente la rettificazione dello spirito ottenuto e la coobazione di questo spirito sulla materia pesante. Il destriero, simbolo di rapidità e di leggerezza, segna la sostanza spirituale; il suo cavalliere indica la ponderabilità del corpo metallico rozzo. Ad ogni coobazione, il cavallo fa cadere al suolo il suo cavalliere, il volatile abbandona il fisso; la lo scudiero riprende presto i suoi diritti, e questo finché l'animale estenuato, vinto e sottomesso, consente a portare questo fardello ostinato e non possa più disfarsene.

L'assorbimento del fisso da parte del volatile si effettua lentamente e a fatica. Per riuscirvi, si deve avere molta pazienza e perseveranza e reiterare spesso l'aspersione dell'acqua sulla terra, dello spirito sul corpo.

Ed è soltanto attraverso questa tecnica, - lunga e fastidiosa, in verità, - che si riesce a estrarre il sale occulto del leone rosso con l'aiuto dello spirito del leone verde...".

 Fulcanelli torna un po' più avanti nel suo testo sullo stesso motivo, per sottolineare che a dispetto degli oltraggi del tempo e delle predazioni  di ogni genere di cui è stata vittima, Notre-Dame conserva in sé la tinta originale delle figure del suo grande portico.

 "Guillaume de Paris, di cui dobbiamo benedire la perspicacia, seppe prevedere il pregiudizio considerevole che il tempo avrebbe portato alla sua opera. Come maestro esperto, egli fece riprodurre minuziosamente i motivi dei medaglioni sulle vetrate della rosa centrale. Il vetro vine così a completare la pietra e, grazie all'aiuto della fragile materia, l'esoterismo riconquista la sua purezza originaria. Si scoprirà qui l'intelligenza dei punti dubbi della pratica. La vetrata, ad esempio, nell'allegoria della Coobazione (primo medaglione), ci presenta, non un volgare cavaliere, ma un principe coronato d'oro, con la veste bianca e calze rosse".

 Poiché vorremmo poter ammirare queste vetrate insieme a voi, e, al momento in cui si constatano le devastazioni sulle nostre vetrate medioevali da parte dell'inquinamento industriale, dobbiamo molto augurarci che i tesori delle nostre basiliche, parigine e altre, non siano abbandonate all'indifferenza di edili interessati soprattutto dalla loro notorietà immediata, né a quella di un clero oh quanto secolare!

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"Al secondo medaglione," continua Fulcanelli, "l'Iniziatore ci presenta con una mano uno specchio, mentre con l'altra solleva il corno di Amaltea; su di un lato vediamo l'Albero della Vita. Lo specchio simbolizza l'inizio dell'opera, l'Albero della Vita ne segna la fine, e il corno dell'abbondanza il risultato. Alchemicamente, la materia prima, quella che l'artista deve eleggere per iniziare l'Opera, è chiamata Specchio dell'Arte... Quest'argomento, così volgare e così disprezzato, diventa in seguito l'Albero di Vita, Elisir o Pietra filosofale, capolavoro della natura aiutato dal lavoro umano, il puro e ricco gioiello alchemico. Sintesi metallica assoluta, essa assicura al felice possessore di questo tesoro il triplo appannaggio del sapere, della fortuna e della salute. È il corno dell'abbondanza, fonte inesauribile delle felicità materiali del nostro mondo terrestre...!".

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Nei suoi Deux Logis Alchimiques [Due siti alchemici], Eugène Canseliet insisterà di nuovo su questo tema, a proposito della sirena nera e incinta, dipinta sul soffitto della sala delle guardie del castello del Plessis-Bourré, nella Maine-et-Loire.

"Sono nera ma bella - Nigra sum sed formosa - dichiara, nel primo capitolo del Cantico dei Cantici, la Grande Dama, che è sposa eccellentemente, mentre al castello del Plessis-Bourré, contempla la sua oscura bellezza nello specchio dell'arte che è esce da essa stessa. Sotto all'oggetto pesante, un corno dell'abbondanza sembra sottolinearne la virtù riflessa...".

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Sì, riflettere, meditare, e poi vedere, contemplare la Meraviglia. In basso presso dei portali, come in alto, sui rosoni e anche tra i doccioni dell'alta galleria. La Grande Dama, Notre-Dame continua a vegliare sul suo, sui soui alchimisti.

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[Traduzione di Massimo cardellini]


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30 gennaio 2014 4 30 /01 /gennaio /2014 07:00

Da Champagne a Pierre Jahan

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È ad Axel Brücker che spetta il merito di avere, nel suo Fulcanelli et le mystère de la croix d'Hendaye [Fulcanelli e il mistero della croce di Hendaye], edito dall'editrice Séguier nel 2005, attirato l'attenzione su Pierre Jahan e la sua opera.

Personalmente, non considero che questo fotografo di fama abbia scalzato Julien Champagne dall'illustrazione dei libri di Fulcanelli, a partire dalle edizioni Pauvert, ma piuttosto che ne abbia esteso il lavoro.

Aspettando, forse, una prossima pubblicazione di questi libri, che renda di nuovo giustizia al talento di Hubert...

Ma la fotografia, come la pittura, o il disegno, tra le altre, è anch'essa un'arte e questo da almeno due secoli. 

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Con Pierre Jahan (1909-2003), ci troviamo dunque in buona compagnia. "Vero alchimista della fotografia", ci dice Brücker, "egli sviluppava e stampava da sé le sue fotografie in bianco e nero, nel suo laboratorio o anche nel suo appartamento, nel quale aveva installato un laboratorio".

Sin dal 1929, divenne "fotografo-illustratore", così come egli si autodefinisce, lavorando per delle riviste prestigiose come "L'Illustration".

Negli anni trenta, inizia a esporre, insieme a Henri Cartier-Bresson, Man Ray... la sua ispirazione è ancora molto classica, come testimonia la sua Madonna con bambino del 1938.

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Sin dal 1940, tuttavia, inizia a produrre degli studi di nudo.

JAHAN04.jpgPer Brücker, il suo incontro più importante, il suo modello geniale e maestro sarà Jean Cocteau, di cui farà i ritratti più belli, così come fotograferà anche Colette, o Picasso.

Nel 1946, Cocteau co-firmerà con lui "La mort et les statues" [La morte e le statue], per le Éditions du Compas, da cui è tratto il Centauro riprodotto qui sotto.

 

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Nel 1949, ispirandosi forse ai libri di Fulcanelli, Jahan darà alle stampe insieme a Jean-François Noël il primo volume dei suoi Gisants [Giacenti), presso l'editore Paul Morihien, fotografie in piena o doppia pagina delle tombe più magnifiche come quella di Bianca di Castiglia o Caterina de Medici. Le fotografie saranno accompagnate da testi di Cocteau.

 

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È probabilmente quest'opera dei Gisants, dedicata a venticinque regine e re di Francia, e accompagnata da notizie storiche di Philippe Erlanger, qui darà inseguito a Jean-Jacques Pauvert e Eugène Canseliet l'idea di chiedere a Pierre Jahan di fotografare i monumenti di Il Mistero delle Cattedrali, e più tardi, una parte di quelli di Le Dimore Filosofali.
Nel 1950, Pierre Jahan si unì al Gruppo dei XV, a fianco soprattutto di Robert Doisneau. Sempre nel 1950, questo degno successore di Julien Champagne ha pubblicato per le éditions du Cerf degli estratti illustrati tratti dalla poesia di Charles Péguy: Présentation de la Beauce à Notre-Dame de Chartres [Presentazione della Beauce a Notre-Dame de Chartres].
Tuttavia, quest'opera potrebbe essere una ripresa di un'edizione anteriore, del 1940 o per lo meno degli anni 40. Esistono pochi testi dedicati a Pierre Jahan e alla sua opera; citiamo tuttavia Des mains parlent della collezione Photogalerie, per le éditions Ides et Calendes, di Neuchâtel (Svizzera), apparso nel 2002, per le cure di Alain Fleig. E non lasciamo l'amico Pierre senza menzionare l'interesse di alcuni collage fotografici di un Jahan che fu per certi aspetti, anche lui, vicino al surrealismo.


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Dimenticavo: presso le éditions Pauvert dei Fulcanelli, "la maggior parte delle fotografie" sono di Pierre Jahan, ma le altre? Secondo Richard Caron, nella edizione Bailly di Deux Logis Alchimiques di Eugène Canseliet (1998), su cui dovremo tornare, le altre fotografie sarebbero state fatte da un certo R. J. Ségalat. R. J. come Roger-Jean, senz'altro ancora un altro Vaudois!

 
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[Traduzione di Massimo Cardellini]

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30 dicembre 2013 1 30 /12 /dicembre /2013 07:00

Paesaggio di Julien Champagne

 

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Tra le opere di gioventù di Julien Champagne, a carattere non alchemico, repertoriate da Geneviève Dubois nel suo libro "Fulcanelli dévoilé", figurano tre acquarelli del 1895.

Dubois impiega inoltre a loro proposito un'espressione strana, scrivendo "possediamo tre acquarelli", il che può prestare ad equivoci.

Ne riproduce soltanto uno, datato 9 agosto 1895, intitolato "Beauvoir-Rivière, soleil couchant" [Beauvoir-Rivière, sole al tramonto], un paesaggio di campagna sottoposto alla nostra sagacia.

Il comune di Beauvoir-Rivière era, ciò non deve sorprenderci, un comune del dipartimento della Somme.

Le ricerche a questo proposito sono ai nostri giorni un po' più complessi da questo "era", giustamente. Nel 1974, un accorpamento di comuni lo ha riavvicinato a Wavans-sur-Authie, e il nuovo municipio, detto oramai Beauvoir-Wavans, ha canbiato nome.

Ha inoltre cambiato dipartimento, e si trova oramai situato al Pas-de-Calais. In un modo che trovo molto simbolico, vi troviamo dunque "molto logicamente" due monumenti ai morti, uno di fronte alla scuola, l'altro di fronte alla chiesa!

Così ci si accanisce a complicare il dovere e il lavoro di memoria nella durata, in nome di considerazioni a volte molto provvisorie.



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[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

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Paysage de Julien Champagne

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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30 novembre 2013 6 30 /11 /novembre /2013 07:00

Champagne e Bertrand de Lesseps

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Dopo Paul de Lesseps, che è stato uno dei datori di lavoro di Julien Champagne, ecco venuta la volta di suo fratello Bertrand, che anch'egli a fatto ricorso ai servizi dell'articts, sia come disegnatore sia come alchimista.

Come si può vedere su queste fotografie del 1910 circa, i fratelli de Lesseps agivano frequentemente insieme il che d'altronde è cosa più che normale.

Ma in un primo momento è a volte difficile distinguerli, tanto più che l'ambiente famigliare è stato qui e che la famiglia Lesseps è stata - e forse lo è sempre stata - numerosa.

E poi ci sono le attività gestite in famiglia, i gusti condivisi, come quello per l'aeronautica, la passione dell'alchimia.

Chi è di conseguenza "l'aviatore de Lesseps" che vediamo gironzolare allegramente sul viale Montaigne a Parigi? Vedo su questa cartolina postale tre signori eleganti, che i loro indumenti e baffi non aiutano a distinguere l'uno dall'altro.

Ancora una volta Paul, Jacques, Bertrand, o tutti e tre fanno parte dei pionieri francesi dell'aeronautica.

Da qui l'interesse per la prima foto, in cui grazie alla didascalia per lo meno il dubbio non sembra affatto permesso. Bertrand è a sinistra della dama, e Jacques alla sua destra. Non dirò nulla di questa dama, la contessa du Bouays de la Bégassierès, né della Baronessa Delagrange, entrambe appartenenti a delle famiglie legate ai Lesseps, e ciò per diverse ragioni.

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Per tornare dunque a Bertrand Marie, egli è nato nel 1875 e deceduto nel 1917 o 1918. 1918 se si deve credere al certificato di decesso, e sarebbe stato gloriosamente "ucciso dal nemico".

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Nel 1902, sposò Marguerite Sara Faure (1877-1969), da cui ebbe un figlio, René Bertrand Ferdinand (1905-1980).

Se Jacques è il più noto degli aviatori Lesseps, Bertrand si rese illustre anch'egli molto presto come aviatore emerito, internazionalmente conosciuto, e sin dal 1910, anno decisamente fausto per certi aspetti, volava in compagnia dell'"asso" Walter Brookins.

Nel 1912, effettua a bordo di un'automobile a elica il tragitto Parigi-Lione.

Come non ricordarsi a questo proposito della slitta ad elica caro a Julien Champagne e Raymond Roussel?

Secondo Walter Grosse, Bertrand de Lesseps si garantì i servizi di Julien Champagne sin dal 1907, ossia tre anni prima che ottennesse il suo brevetto civile di pilota dell'aeroclub di Francia, nello stesso periodo di suo fratello Jacques, che frequentarono tuttavia Fulcanelli e Eugène Canseliet, non sembra essere stato in così stretti rapporti con Julien Champagne dei suoi fratelli Paul e Bertrand.

Ciò potrebbe apparire strano, ma è così, per lo meno allo stato delle nostre attuali conoscenze.

In "Le Feu du Soleil" (Pauvert, 1978), Eugène Canseliet preciserà: "Ferdinand de Lesseps aveva tre figli. Li ho conosciuti tutti e tre. Il maggiore, Bertrand, è stato ucciso, credo, un giorno prima dell'armistizio, il 10 novembre 1918. Una perdita immensa per Champagne".

 È vero che lo stesso Canseliet, nei suo "Deux Logis Alchimiques" (Pauvert, 1979), presenta Julien come "il disegnatore di Bertrand de Lesseps e di Fulcanelli".


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[Traduzione di Massimo Cardellini] 

 

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Champagne et Bertrand de Lesseps

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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30 ottobre 2013 3 30 /10 /ottobre /2013 13:00

CUBA LIBRE DI CHAMPAGNE

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Julien Champagne è stato soprattutto l'illustratore dei libri di Fulcanelli; soprattutto, lo abbiamo visto e lo vedremo, ma non soltanto questo.

Eugène Canseliet ne fu il redattore, poi il "propagatore", stavo per scrivere, naturalmente tra virgolette, il propagandista; credo anche che sia il vero o per lo meno un vero apostolo della scienza ermetica.

Una domanda che vorrei porre a questo punto è la seguente: Vi è stato un Julien Champagne di Eugène Canseliet? Complessivamente, la mia risposta sarà attualmente negativa, Canseliet, pittore e disegnatore, è stato il suo proprio Julien Champagne, ed ha scelto di illustrare soltanto occasionalemente, con i propri abbozzi, i suoi libri e articoli di riviste, del che d'altronde ci si può rammaricare da un punto di vista estetico: confortata dai suoi acquarelli, la sua opera ne risulta più bella, ad esempio quando parla del trattato Donum Dei di Georges Aurach.

Se si eccettuano dunque alcune collaborazioni praticamente puntuali, come quella già menzionata da sua figlia Isabelle, un solo nome mi sembra imporsi nella durata, quello, che si potrà trovare insolito, di Jorge Camacho.

Come possiamo considerare questo pittore cubano surrealista un continuatore, quasi un erede di Julien Champagne, per lo meno in alcune delle sue produzioni, allorché è nato a L'Avana due anni dopo la morte di "Hubert"?

Apriamo dunque per cominciare il saggio di Eugène Canseliet sull'ermetismo nella vita di Swift e nei suoi viaggi, edito a parte dai Cahiers du Sud pubblicato nella collezione Hermès de Fata Morgana nel 1983 (edizione "definitive" nel 1998).

Le illustrazioni sono di Jorge Camacho, tra cui queste: 


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Possiamo verificare di nuovo l'esattezza dell'adagio alchemico che vuole che molto spesso le immagini siano più sincere, più esplicative dei testi degli scritti.

Non appartiene a me sviluppare il punto di una scienza evocato qui sopra, ma ma come non vedervi che sia tutto tranne che accessorio?

La reminiscenza di una delle insegne di Jacques Coeur è evidente, e sicuramente la lettura cabalistica "fer terre" [Ferro terra] sarà più che autorizzata, come testimoniano i simboli astrologici e chimici che cricondano  le parole fatidiche e le uniscono.

Mi sembrava evidente che la mano di Jorge Camacho sia stata posta, che abbia senz'altro realizzato ma forse non concepito questa vignetta. Allora, quest'opera sarebbe, se non alimentare, per lo meno di circostanza? Ebbene, nulla è meno sicuro.

Cosa sappoamo di quest'artista? Autodidatta, Jorge Camacho si stabilisce nel 1959 a Parigi dove si lega a André Breton e ai Surrealisti. "Colui che intrappola", come lo designaca Breton nel 1964, resterà fedele ai suoi primi impegni.

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Nel 1965, parteciperà alla XI esposizione internazionale del surrealismo, l'Ecart Absolu [Lo Scarto Assoluto], alla Galleria l'Oeil. Diventerà un amico intimo di Henri Michaux e Joyce Mansour... Jorge Camacho vive e lavora tra Parigi e l'Andalusia dal 1975.

Ha attinto da tutti i campi della cultura per nutrire la sua visione d'artista: l'arte precolombiana, il jazz, la musica andalusa, la poesia francese e haitiana (che traduce), la scienza alchemica e la cabala, la fotografia, l'ornitologia... L'opera di Jorge Camacho nasce dal desiderio di dipingere tutto ciò che il reale ha di enigmatico e di paradossale.

Il suo spazio pittorico affronta dei mondi torturati, in cui l'esoterismo più sofisticato si pone a fianco di uno sciamanesimo sorprendente. al di là di queste osservazioni, i quadri di Jorge Camacho esprimono un universo poetico, sitto la luce raffinata di una tavolozza... fauve.

Nel 2003, espose alla Casa parigina dell'America latina e Somody ha fatto apparire per questa occasione un libro collettivo, comprendente dei testi dello scrittore cubano Zoé Valdès, e intitolato Jorge Camacho, Le miroir aux mirages [Jorge Camachi, lo specchio dei miraggi].

Nel 2004, Anne Tronche gli ha dedicato un'opera bilingue, francese e spagnolo, alle edizioni Palantines: Jorge Camacho, vue imprenable [Jorge Camacho, vista inafferrabile].

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Vista inafferrabile in ogni caso sull'alchimia, di cui si vede bene che ha potuto essere almeno facilitata dall'incontro con André Breton, ammiratore di Fulcanelli e amico di Eugène Canseliet.

A partire dal 1968, Jorge Camacho si interessa allo studio della scienza alchemica, e sceglie come insegna "Silentium Post Clamores", lo stesso titolo di un'opera di Michel Maier (1617), in cui l'autore presenta le origini del rosicrucianesimo come prevalentemente egiziane...

In quel momento, in modo significativo, Jorge Camacho cessa di partecipare a ogni attività collettiva. Dirigerà... presso Fata Morgana una collezione sull'alchimia, e inaugurerà nel 1978 il ciclo delle sue proprie pubblicazioni alchemiche con il suo Araldica alchemica nuova, che co-firmerà con Alain Gruger (Le Soleil Noir), e sul quale torneremo in seguito.

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Non si tratta qui di una passata, di un fuoco di paglia, al contrario, la procedura è volontaria, durevole. Vedete invece questa lista delle sue opere "sull'alchimia", tratta dalla sua bibliografia del 2003:

Le Hibou philosophe [Il gufo filosofo], con una introduzione di 
Bernard Roger, La Pierre d'Alun, Bruxelles, 1991.

Basile Valentin, De la nature des métaux, con una introduzione di Bernard Roger, la Pierre d'Alun, Bruxelles, 1997.
Typus Mundi, commentato da Bernard Roger e Jorge Camacho, Tenuel, Huelva, 1997.
Arcanes de la philosophie naturelle, con una introduzione di Bernard Roger, Fondazione Pol François Lambert, 1998.

La cathédrale de Séville et son bestiaire hermétique, con Bernard Roger, Pol François Lambert, Huelva, 2001.

Menzioniamo anche, nella stessa categoria, due cataloghi di esposizione:

Le Ton Haut, alla Galleria Mathias Fels, con una prefazione di Bernard Roger, 1969.
La Danse de la mort, alla galleria di Seine, con una prefazione di René Alleau, 1976.

Ne approfitto, senza ahimè poter dilungarmi su questo punto, per non dispiacere alla discrezione e al silenzio che circondano le attività alchemiche di Bernard Roger e di René Alleau, entrambi vicini ai surrealisti.




Ma torniamo alla Araldica alchemica nuova di Jorge Camacho e Alain Gruger.

È anch'essa dotata di una prefazione - postfazione - di Eugène Canseliet, che per giunta firma solennemente con le lettere di Fratello Cavaliere di Eliopoli, F.C. H., il che è insolito.

Canseliet naturalmente insiste immediatamente sull'importanza in alchimia della scienza del blasone: "Il blasone non parla che per coloro che sono capaci di afferarne il linguaggio indistinto".

Per giungere all'altissimo grado di purezza richiesto dall'alchimia, egli aggiunge, "la via è lunga e difficile, quella che Jorge ed il suo inseparabile amico, di seguito al nostro caro André Breton, percorsero instancabilmente, nella loro ricerca dell'oro del tempo; questo motore perpetuo del Surrealismo. Le loro scoperte sono numerose ed essi, con amore e carità, hanno trasformato in emblemi e in divise, su scudi e banderuole".

Di questi emblemi, ho scelto di riprodurre il 41°, che è intitolato Il cavallo di legno ed è accompagnato da un verso magnifico di Arthur Rimbaud, poeta che Jorge Camacho ha tradotto:


"Elle est retrouvée! Quoi? l'éternité. C'est la mer mêlée Au soleil".

"È ritrovata! Cosa? l'eternità. È il mare mischiato con il Sole".

Dobbiamo intendere che la distinzione tra via secca e umida è in parte sofistica?
In quanto al cavallo di legno, ci rinvia sicuramente ai giochi da bambini, di cui l'aquilone è un altro esempio.

Giochi da bambini che fornirono il titolo di un classico trattato di alchimia, riprodotto da Jean Laplace in due delle sue pubblicazioni di Curieux de Nature.

 Lavoro da donna e giochi da bambini, è una delle definizioni possibili del lavoro alchemico. Lavoro di donna, perché nonnsi tratta molto spesso "che" di lavare e cuocere.

Nel suo epilogo alla "Araldica alchemica nuova", Canseliet ricorda che: "L'alchimia si rivela molto semplicemente l'arte della cottura".

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Sul gioco da bambini, Eugène Canseliet tornerà diverse volte, soprattutto nella sua "Alchimie expliquée" edita da Pauvert.

 Al capitolo dedicato a L'uovo filosofale, scrive che, a proposito di una rappresentazione della Vergine, che riceve sul suo seno il fluido spirituale del cosmo, che essa rimanda anche al piccolo Gesù ai suoi piedi: "Sono, precisamente, queste simboliche manipolazioni, della Vergine Maria e del bambin precoce, che concorrono alla fattura del vaso, nella Grande Opera, e che giustificano il fatto che l'insieme dei Filosofi li hanno paragonati al gioco dei bambini e al lavoro delle donne".

Questa Vergine è Iside nera o giù la Dama bianca alla quale Jorge Camacho ha dedicato verso il 1998 il quadro qui sopra?

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[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

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Cuba libre de Champagne

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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30 settembre 2013 1 30 /09 /settembre /2013 07:00

JULIEN CHAMPAGNE IN ITALIA

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Non so se Julien Champagne si sia mai recato nella penisola, ma poiché lo abbiamo incontrato come Eugène Canseliet a Marsiglia, perché no.

Facciamo un sogno: Aix en Provence, Cimiez sulle alture di Nizza... E perché no villa Palombara a Roma?

Figuratevi che è uno dei miei progetti, scrivere una mappa d'Europa delle dimore filosofali.

 

Se si eccettua la Francia, tema della Guide des lieux et demeures alchimiques [Guida dei luoghi e dimore alchemiche] di Josane Charpentier, edito da Retz nel 1980, prefatto da Eugène Canseliet e decorato dai disegni di sua figlia Isabelle, cosa rimane?

Molto a mio parere. In questo blog, ho evocato la Svizzera, e anche la Spagna, e in precedenza anche il Regno Unito, per lo meno se consideriamo che l'Inghilterra e la Scozia siano unite...

Molte scoperte, o riscoperte, restano da farsi in questo campo, non credete?

Ricordiamoci in ogni caso che secondo Fulcanelli e Canseliet il termine di dimora filosofale è da assumersi in modo... filosofico.

Questo oggetto d'arte, la cui dimensione ermetica o alchemica è evidente, sarà così una dimora. E una dimora filosofale se questo spirito che è supposto animarla resta presente.

Un vecchio libro dimenticato sullo scaffale roso dai tarli di una biblioteca ridiventerà di conseguenza istantaneamente filosofale se cade, felicemente, tra le mano fortunate di un ricercatore, di un lavorante.

Ciò posto, giungo alla questione centrale di questo post: un libro di Geneviève Dubois su Fulcanelli, tradotto in italiano può essere considerato una dimora?

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Solleverete le sopraciglia, ma sapete già la mia risposta. La traduzione dal francese di Alda Teodorani, non è affatto criticabile, e l'introduzione di Gianfranco de Turris, se apporta poco, ha per lo meno il merito di situare quest'opera nel suo contesto.

 E soprattutto, contrariamente alla recente versione americana della stessa opera, la riproduzione delle illustrazioni da parte delle Edizioni Mediterranee (1996) è di qualità, una qualità per lo meno pari a quella che osserviamo nell'edizione originale francese.

Ecco, per lo meno in parte, il motivo per il quale è sulla versione transalpine che ho spesso lavorato per proporre alcune delle mie forografie.

E poi, e non è cosa trascurabile, Julien Champagne è sempre là, presente sin dalla copertina, con quell'autoritratto della maturità la cui datazione e localizzazione restano ancora incerte.

 Per quanto tempo ancora?

 

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[Traduzione di Massimo Cardellini]


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Julien Champagne en Italie

 

© JULIEN CHAMPAGNE

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Presentazione

  • : Jean Julien Champagne ed il suo ambiente socio-culturale
  • : Divulgazione degli aspetti della vita, degli ambienti conosciuti, delle personalità frequentate e dell'arte di Jean Julien Champagne, uno dei membri dell'ambiente in cui operò Fulcanelli, il più celebre alchimista del XX secolo.
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